lunedì 15 giugno 2015

MAVvedute #2: L'Urbano è la nostra Orchestra del Primordiale

Doniamoci un attimo di riflessione.
Non del tempo,solo un attimo.

All'angolo della strada, una zingara sta facendo battere la sua elemosina su un piattino.
Le sentite anche voi? Ne sentite il rumore e la storia di esso?

Nel frattempo un uomo corre verso la stazione. E' affannato, incurante del prossimo.
Non calcola i propri pensieri, stabilisce da solo, con il suo correre, se prenderà il treno o meno.
Lo sentite anche voi? I passi pesanti, i treni che arrivano, le persone lamentose, la biglietteria.
Ne sentite il rumore e la storia di esso?

Vicino a un cantiere, una ragazza chiama da una cabina telefonica. Digita i tasti frettolosamente, come se avesse, in fondo, qualcosa da perdere. Dovrebbe riflettere su quanto la vita è l'unica cosa importante da perdere. Urla, per far sentire all'altro capo del telefono, di lavoro, cazzate, scopate. Il martello pneumatico rimane sempre al di sopra delle sue urla. E lei urla più forte. I due elementi si sfideranno. E saranno cori industriali, vite spezzate, anonime passeggiate sul filo della giornata.

E voi?
Ne sentite il rumore e la storia di esso?

L'Urbano è la nostra Orchestra del Primordiale.
Il Primordiale è nostro inizio, nostra fine estemporanea. Creiamo e distruggiamo l'attimo, senza volerlo rendere eterno. E' una cosa da tutti i giorni.
Così il fischio del vigile, la puttana sul viale, il tossico, il bambino capriccioso, il traditore e il bugiardo sono tutti singoli direttori dell'Orchestra più indisciplinata e incontrollabile.
Quando il campo d'azione rasenta i chilometri, fra suono e rumore vi è differenza.
Nessuno di noi vuole il suono.
Il suono è pensato.
Il rumore è novità.
Il rumore è divertimento. Il rumore è di tutti.
L'Urbano è nostro. Nutriamoci di esso.
Siamo tutti pagliacci nel circo del rumore. Vedremo chi verrà chiamato nella pista.

Nel frattempo, urlate. Siate primordiali. Siate irrispettosi. Siate vivi.

sabato 6 giugno 2015

MAVvedute #1: Pensieri contestabili sulla gabbia dell'Arte come ricettacolo della Cultura imposta

Pref(AZIONE):
Nella società dove Yoko Ono è definita massimo sistema artistico sorge un problema di base. A partire dal giudicare Yoko Ono come picco altissimo della cultura avanguardistica mentre il suo penoso esistere si riduce all’urlo nel MoMa (tanto per
citare una delle sue “opere” di avanguardia).

Nella società in cui si è in grado di presentare Banksy come un rivoluzionario sorge IL problema di base. L’imitazione del ready-made per esprimere il concetto di estetica nell’essere forzatamente artista.
Forse non si tratta nemmeno di un problema. La società merita questo.
La società merita l’artista.
Chiunque è in grado di essere Artista. Non mi riferisco a Michelangelo, al Bernini, a Speer, mi riferisco alla imposizione dell’Arte al giorno d’oggi.
Chiunque è in grado di essere Artista grazie al critico d’Arte. Esistono veramente i critici d’Arte? Perché mai una persona dovrebbe imporre quello che è Arte e quello che non lo è?
Ormai l’Arte fa parte di uno schema di preparazione volto al piacere del pubblico di élite, al singolo ignorante che si bagna guardando cosa è diventata la modernizzazione della tela al giorno d’oggi.
Nessuno fa più caso all’estemporaneo, al pensiero dell’estemporaneo e all’antipensiero, rivolto alla totalità degli ermetici figli di un Dio minore. I figli di Sgarbi e delle sculture di idee confezionate e rivolte alla massa del futile essere bestia e non essere pensante.
In un mondo dove scopiamo l’opera, elogiandola a un messaggio più grande di quello che vuol trasmettere, ci meritiamo di scopare anche il sudore dell’Artista.


a-ZIONE:
Oggi tutti siamo Artisti.
E l’oltre-artista? Chi esce dalla gabbia?
Nella concezione dell’estemporaneità, abbiamo la possibilità di aprire l’anima all’oltre, al Capolavoro della durata di un secondo per poi di nuovo realizzarsi, lasciando il Tempo all’Artista e donandoci, come assassini del Divismo, il singolo atto di una materia oscura come la negazione della creazione a favore della realizzazione per un pubblico che non desidera guardare. Per quel pubblico che si troverà nel mezzo allo splendido atto della denuncia, della situazione, della rinascita antistorica di un momento intangibile.
E chi cazzo vuole essere Artista quando si può far breccia nell’improvviso?
Nella gabbia della Cultura, tutto si sta concedendo. Anzi, non proprio tutto.

Non avere il coraggio di distruggere l’Esistenza Artistica a favore della Realtà di non concederci uno scopo non ha più l’importanza che avrà nel futuro. Che non ci sarà mai. Ma noi saremo la gabbia.
La gabbia nella gabbia.