𝐒𝐭𝐞𝐟𝐚𝐧𝐨 𝐁𝐚𝐥𝐢𝐜𝐞 , 𝐚𝐦𝐢𝐜𝐨, 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐥𝐢𝐜𝐞 𝐞 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐚𝐠𝐧𝐨, continua a esercitare un fascino raro e necessario nel panorama delle sperimentazioni sonore contemporanee. Nomade per vocazione, musicista istintivo, improvvisatore radicale, situazionista ribelle e poeta-inventore, Stefano porta avanti da anni una ricerca che si colloca esattamente nel punto in cui l’immaginazione incontra l’oggetto, e la LOW-tecnologia torna materia viva. Chi a Modica ha assistito al concerto di musica elettronica all’A/telier dei Kircher–Elettredomestici, in duo con Maria Valentina, ricorderà bene quell’atmosfera sospesa tra gioco, rito e deviazione.
Il suo nuovo progetto, la label 23 Diskettes https://23diskettes.bandcamp.com, spinge ancora oltre questa poetica della sottrazione. Floppy releases e “pirate appliances” delineano un universo low-tech che si oppone con dolce ostinazione all’ipertecnologia dominante.
Balice sembra muoversi nel mondo in modalità “interspaziale al contrario”: mentre tutto accelera e si smaterializza, lui rallenta, riduce, riporta la musica a un gesto concreto. Come uno scultore che, di fronte alla materia, sceglie non di aggiungere ma di togliere, egli trasforma l’hi-tech in low-tech.
L’idea di racchiudere un album — che di norma occupa 400–600 MB — in un floppy disk da 1,44 MB può apparire folle. E proprio per questo è geniale. L’operazione non produce soltanto un contenuto sonoro, ma restituisce alla musica una dimensione tattile, oggettuale: un piccolo manufatto (anti/arte), un feticcio contemporaneo fatto di cartoncino, inchiostro e timbri che riportano in vita una scatola nera di plastica ormai relegata alla memoria collettiva.
Il risultato è un’esperienza che va oltre l’ascolto: un invito a toccare, annusare, possedere un frammento di mondo reinventato. Un atto di resistenza poetica che conferma, ancora una volta, la sorprendente coerenza del percorso di Stefano Balice.

