Ieri sera parlavo con un collega netfuturista della possibilità di estendere il principio della musicoralità ad altre fonti quotidiane di pseudo.suoni o quasi.suoni. La sfiga di un movimento artistico anarchico è che, se anche sostanzialmente ci muoviamo con ideologia compatta e coerente, non è possibile (o è molto difficile!) conoscere tutta la produzione creativa di tutti i colleghi.
E infatti, questo prode compare, non solo mi annuncia che altri esperimenti sono stati fatti in questa direzione, ma che egli stesso ha pubblicato un intero album tutto dedicato a questa idea: educare l'orecchio ad ascoltare i rumori usando la sua affinità indotta per la musica.
Il fatto è che l'idolatria mercato indotta nei confronti della musica pop al fine di accentrare movimenti di soldi tutti attorno ad un unico controllabile punto, la star, ha diseducato l'orecchio della gente a sentire, ascoltare e trarre piacere dal rumore. Oggigiorno musica è sinonimo di esperienza acustica piacevole (è musica per le mie orecchie) e rumore è sinonimo di esperienza sgradevole. Solo che per avere la musica devi accedere ad una fonte (guarda un po'?) rigorosamente a pagamento, invece il rumore è dappertutto: stessa differenza che c'è tra l'acqua del rubinetto e l'acqua in bottiglia (la musica è rumore in bottiglia). Ma non voglio farne qui un fatto economico, quanto piuttosto un fatto... vitale! I rumori fanno parte della nostra vita, come il tramonto, come i fiori (forse un po' meno), come facebook, come... dire che il rumore è sgradevole a priori è sintomo di incapacità di ascolto; ci sono rumori sgradevoli e rumori soavi, la capacità espressiva dei rumori è matematicamente infinitamente più ampia di quella dei suoni, non avendo i vincoli del ritmo e dell'armonia.
Dal momento in cui ti hanno convinto che la musica è il bene e il rumore è il male, cominci a rifiutare l'ascolto dei rumori che naturalmente ti circondano, per cercare una fonte acustica artificiale con la quale sostituire la colonna sonora della tua vita. Non è questo che fanno i 'ggiovani che girano con le cuffiette sparate a palla? L'equivalente acustico di mettere uno schermo davanti agli occhi e girare per strada osservando una realtà virtuale; nota quanto siano riusciti in questo intento: comunicare attraverso realtà virtuali come la rete è, per l'opinione pubblica, un terreno pericolosissimamente minato, ascoltare musica è invece indice di sensibilità e raffinatezza.
Il netfuturismo è un movimento artistico di avanguardia di massa, nostro preciso compito (preciso compito dell'arte!) è quello di capire prima (cosa velocissima) e spiegare poi (cosa difficilizzima). Per questo il tentativo della musicoralità è quello di rendere evidente a tutti la musicalità del parlato e il tentativo dell'album sopra linkato è quello di rendere evidente la musicalità di rumori quotidiani partendo da quelli più quasi musicali e fondendoli con brani musicali ai quali la gente è già abituata: si tratta di cantare la colonna sonora della nostra giornata.
Il risultato di Stefano Balice merita di essere segnalato, perché può essere un altro veicolo per ritrovare il contatto con i rumori della quotidianità, per scoprire una volta in più che l'arte non è qualcosa che si va a cercare in un museo, in un teatro o in un concerto, ma è parte fondamentale della nostra esperienza quotidiana: arte è vita!
redenzione: non penso affatto che la musica sia... il male, credo solo sia una parte mooolto limitata dell'esperienza sonora che possiamo fare. Ciò che è sbagliato è il ruolo di principessa acustica che le è stato assegnato a discapito del rumore. Si tratta solo di ribilanciare un po'.