MANIFESTO DEL FUTURISMO SMODATO
L’umanità cammina verso l’individualismo anarchico...
F. T. Marinetti
Exordium
Oggi, 11/11/11, quando il numero sacro del futurismo si presenta in forma una e trina, quando il numero bicornuto venerato da FT Marinetti colora di rosso incandescente i nostri calendari, quando il numero che supera il sistema decimale delle dieci dita e delle limitazioni umane accompagna il sorgere del sole novembrino nell’anarchica e illogica estate di San Martino, noi futuristi del XXI secolo ci accingiamo a pubblicare il centoundicimilacentounesimo manifesto futurista: il Manifesto del futurismo smodato!
Pars destruens
Sull’onda del centenario della fondazione, si fa un gran parlare di futurismo, ma il termine è usato troppo spesso a sproposito, ai limiti dello stupro linguistico. In tale situazione, non è azzardato parlare di usurpazione.
Un partito decide di chiamarsi “Futuro e libertà”, i suoi militanti si definiscono “futuristi”, la loro fondazione si chiama “Farefuturo” e il loro giornale di partito “Il futurista”. Riconosciamo che tanta attenzione a nomi e simboli che ci sono cari ci lusinga. Riconosciamo che, a riguardo di alcune questioni bioetiche, il neonato e soltanto sedicente partito “futurista” ha con noi qualche punto in comune. Il suo capo votò “sì” ai referendum sulla fecondazione artificiale e la clonazione terapeutica. Ma questo è tutto quanto possiamo riconoscere. Il resto è tristezza. Può un partito che si richiama nominalmente e simbolicamente al “futurismo” schierarsi strategicamente con il centro moderato cattolico? Può un partito “futurista” essere impegnato, tranne qualche frangia, a chiamare a raccolta tutti i benpensanti, i perbenisti, e coloro che pensano che la political correctness sia un totem e l’autodeterminazione un tabù?
Non bastasse “Futuro e libertà”, è in circolazione anche “Libertà e futuro”. Attenzione! Non è una patacca. È un’associazione politica, una lista civica, un movimento nato ancora prima del partito scissionista della destra, e proprio in concomitanza con il centenario del Futurismo. Peccato che – come il quasi omonimo partito politico – non mostri alcuno slancio rivoluzionario, avanguardista, prometeico. Del resto, è noto che invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambia.
Oltre ai politici di professione, ci sono politici per missione. Un industriale aristocratico ha chiamato la propria fondazione “Italia futura”, una fondazione che si è dotata di sedi territoriali e assomiglia ormai a un vero e proprio partito. Un giorno sì e un giorno anche, il nostro minaccia di entrare in politica. Certo, questo imprenditore ha dei meriti che gli debbono essere riconosciuti: ha dato lustro alla tecnologia e all’ingegno italiano nel mondo. FT Marinetti non sarebbe forse fiero dei suoi bolidi rossi, considerando che il rosso è il colore del futurismo e la velocità la sua religione? Non sarebbe fiero di questi gioielli della meccanica che portano l’emblema dell’eroico aeroartista Francesco Baracca? Ma, anche in questo caso, il riconoscimento deve fermarsi qui. L’industriale in questione, tirato per la giacca da destra e da manca come salvatore della Patria, minaccia di scendere nell’arena politica… Bene! Bravo! Con chi? Con il centro moderato cattolico! Che c’è di futurista, o anche semplicemente di futuro, in tutto questo?
Per farla breve, è tutto un pullulare di futuristi a modo. Giriamo allora a questi sedicenti futuristi, e in particolare a quelli di “Futuro e libertà” – dato che fanno riferimento esplicito al futurismo storico – la domanda che FTM fece ai comunisti italiani:
1. Siete voi disposti come noi a liberare l’Italia dal Papato?
2. Vendere il nostro patrimonio artistico per favorire tutte le classi povere e particolarmente il proletariato di artisti?
3. Abolire radicalmente tribunali, polizie, questure e carceri?
Se non avete queste tre volontà rivoluzionarie, siete dei conservatori, archeologi clericali polizieschi e reazionari sotto la vostra vernice di comunismo rosso. Vogliamo liberare l’Italia dal papato, dalla monarchia, dal Senato, dal matrimonio, dal Parlamento. Vogliamo un governo tecnico senza parlamento, vivificato da un consiglio o eccitatorio di giovanissimi. Vogliamo l’abolizione degli eserciti permanenti, dei tribunali, delle polizie e dei carceri, perché la nostra razza di geniali possa sviluppare la maggior quantità possibile di individui liberissimi, forti, laboriosi, novatori, veloci. Non soltanto siamo più rivoluzionari di voi, socialisti ufficiali, ma siamo al di là della vostra rivoluzione.
Premesso che non siamo qui per sottoscrivere alla lettera, per elevare a Verbo, ogni frase pronunciata cento anni fa da Marinetti (questo sarebbe davvero antifuturista!), ci pare nondimeno possibile distillare da questa lista di idee-azioni – attuali o inattuali, praticabili o utopiche che siano – lo spirito anarco-rivoluzionario che le anima. I futuristi (quelli veri) erano più rivoluzionari dei comunisti, più a sinistra della Sinistra Ufficiale. In questo senso erano Al di là del comunismo. Ma voi siete ben al di qua persino della Democrazia cristiana. Perché allora questo stupro linguistico? O forse dovremmo farvi un’altra domanda: avete mai letto un manifesto futurista?
Per riassumere, quando una serie interminabile di partiti, fondazioni, riviste, blog ha iniziato ad inneggiare ad una controfigura di futurismo – flaccido, moderato, misurato. Quando il nome “futuristi”, prima irriso o dimenticato, è tornato di moda, purché sia a modo, a noi FUTURISTI VERI, noi che futuristi lo siamo sempre stati, non resta che dirci SMODATI. Non abbiamo altra scelta. Per prendere una salutare distanza da questa pantomima, dobbiamo definirci smodatofuturisti.
CONTINUA OVUNQUE NEL CYBERSPAZIO
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