di Raimondo Galante
Lo scopo di questo articolo è quello di fare una
irriverente ma spietata e lucida riflessione sulla crisi del lavoro
concettualmente inteso in base ai canoni ottocento-novecenteschi
teorizzati sia nell’Economia Classica
nei suoi tratti generali, sia sintetizzati
forse con maggiore accuratezza e
precisione nel pensiero marxiano esposto
soprattutto nel Capitale e tutta la vulgata marxista che ne ha avuto seguito.
Per brevità pensando di rivolgermi con chiaro piglio ed atteggiamento specificamente debordiani ad un pubblico già preparato e
sufficientemente istruito voglio mettere
al centro di quest’analisi solamente due
elementi : il primo risponde a definire sinteticamente ed efficacemente
l’antica ed ormai desueta ed obsoleto
funzione economico-sociale del lavoro ovvero un’insieme di attività umane
organizzate anche su base sociale tese a
produrre ricchezza, che nella sua forma
più sublimata e sintetica diventa proprio il capitale marxiano; il secondo
l’effetto nefasto che tale attività nel
secolo passato ha prodotto sulla vita degli esseri umani ovvero
l’alienazione. Infatti, nel novecento il lavoro era soprattutto attività
industriale di produzione di beni e servizi allo scopo di accumulare ricchezza
pubblica e privata, il premio di tale produzione è il salario che permette alle
classi subalterne di sopravvivere il
prezzo è una graduale e triste disumanizzazione imposta dallo scambio coatto di
gran parte del proprio tempo con una quantità di denaro che spesso risulta
essere irrisoria , insufficiente ed inadeguata alla realizzazione di questi
soggetti che in ultima analisi diventano
proprio oggetti, ingranaggi spesso inconsapevoli del sistema il cui unico scopo è quello di
autoriprodursi durando nel tempo. Ma è bene dire con chiarezza che con la nascita
del nostro nuovo millennio e l’evoluzione tecnologica ed informatica e l’esplosione del fenomeno Internet la grande
rete telematica globaletutto questo non ha più lo stesso significato
originale e perde anche il valore
sociale ed economico che aveva rivestito fino a questo momento soprattutto in
riferimento a quelle produzioni ad alto valore aggiunto qualitativo e
tecnologico le uniche che ci permetterebbero di competere efficacemente a
livello globale . Da qui secondo me nasce la grandissima e disarmante
attualità, resa anche più acuta e
pregnante, dallo stato attuale di crisi
dell’intero sistema sociale,economico ed educativo che sosteneva i modi ed i
processi produttivi del novecento del motto debordiano e situazionista “ne travailler jamais” (non lavorate mai )
. Ovvero lavorare e vivere come era
previsto nel novecento non solo si tocca con mano ogni giorno è sempre più raro
e difficile, ma anche diventa spesso inutile e controproducente e quindi è
sempre più importante capire che non è importante lavorare in sé come ancora
vanno predicando i nostri governanti magari abbassando i salari, diminuendo i
diritti ed aumentando l’orario di lavoro. Niente di tutto questo si rivela
efficace. e l’aumento della produttività intesa in questo modo ormai obsoleto
ed anche dannoso, si rivela essere una pia e pericolosa illusione. Invece ,
secondo la mia opinione, la via corretta
da seguire è lavorare in modo intelligente per produrre un elevato valore
aggiunto: working smart per dirla alla maniera dei guru anglosassoni del
marketing. Pertanto , proprio per superare questo impasse, una nuova
frontiera sembra essere quella del marketing che specialmente nell’ultimo
decennio sembra fondersi indissolubilmente con le nuove tecnologie informatiche
e telematiche, e che promette tramite
l’applicazione delle sue tecniche più avanzate il totale superamento del
concetto marxiano di lavoro alienato e sottopagato. Un esempio di tale tendenza
è rappresentato dal cosiddetto network marketing (marketing di rete) che prevede
la costruzione di reti commerciali di distribuzione di determinati prodotti che funziona in base al principio di
condivisione dei profitti abbattendo i costi della pubblicità esternalizzata e fondandosi sulla diffusione capillare peer
to peer ,utilizzando un termine appartenente alla teoria delle reti
informatiche, oppure one to one (uno ad
uno) : in pratica un passa parola potenziato enormemente dalle potenzialità
offerte dalla tecnologia oggi soprattutto
identificabile con lo straordinario tentacolare e pervasivo sviluppo di
Internet. Voglio però precisare che tale
possibilità che effettivamente in potenza è molto appetibile e stimolante deve
essere però necessariamente essere messa in relazione con la necessità di
un’evoluzione umana che porti alla consapevolezza dell’utilità sociale ed
economica autentica , reale ed effettuale di ciò che viene prodotto e
distribuito. In tal senso è assolutamente d’obbligo ricordare ed applicare
nella sua forma più compiutamente rivoluzionaria ed innovativa il debordiano “ne travailler
jamais”. Tale motto voleva essere nel suo tempo la parola d’ordine rivoluzionaria per
eccellenza, ed oggi secondo me è ancora terribilmente attuale per poter incentivare la nascita di una nuova economia che privilegi lo sviluppo dell’essere umano nelle sue
migliori potenzialità. Ovvero quelle offerte dalla sua capacità creativa ed
artistica intendendo con questa soprattutto lo spirito creativo e creatore
leonardesco e rinascimentale, incrementata enormemente dalla potenza moltiplicatrice
della tecnologia ,dono prometeico che ci rende simili alla divinità. Dunque mutuando
un termine presente nel Panegirico debordiano appartenente al linguaggio
dell’opera di Baltasar Gracián : diventando “l’ Uomo universale”. Tale nuovo tipo umano deve, a mio avviso, poter imparare a vivere al meglio delle sue
possibilità e riuscendo a soddisfare efficacemente i propri bisogni, volgendo a proprio vantaggio l’alienazione
apparente della tecnica, utilizzando il potere sublime e dirompente del détournement; tutto questo
per poter portare la propria
consapevolezza di sé ad un livello più elevato.
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