mercoledì 3 ottobre 2012

Dalla mail art alla non-arte facoltativamente postale

Profondo rispetto per chi ha saputo utilizzare creativamente il medium postale, alimentando lo sviluppo di diverse reti di avanguardisti. Ma ora, a distanza di decenni, ora che stiamo raccogliendo i frutti della rivoluzione neotecnologica, è il momento di discriminare gli aspetti della cosiddetta mail art che possono ancora dare qualcosa al nostro tempo da quelli che invece sono marce consuetudini artistiche.

Partiamo dal presupposto che lo scambio fisico di oggetti non potrà mai essere rimpiazzato totalmente dal digitale.

Comunicare e creare sul web è un processo rapido, a volte dispersivo, ma spesso si rivela uno strumento efficacissimo per portare avanti collettivamente delle idee. Internet è la sede delle aggregazioni più disparate, dove ognuno trova il suo spazio.

I network postali sono caratterizzati dalla lentezza dello scambio; i materiali e le informazioni scambiati sono quantitativamente inferiori. Tuttavia, il costo e i tempi di attesa obbligano il networker a selezionare accuratamente ciò che vuole spedire, dandogli anche maggior valore emotivo.

Ogni medium può essere impiegato creativamente. E come per ogni altro medium, il nemico della corrispondenza creativa è l’Arte.

Infatti, sebbene questa pratica di rete abbia a suo tempo reso l’artista un po’ meno Artista, ora rischia di dare a chiunque la possibilità di mettersi in mostra dandosi le stesse arie degli artisti veri.

Sta qui la differenza tra avanguardismo di massa e un ammasso di artisti. Un ragazzino che cazzeggia su facebook può essere creativo tanto quanto un artista postale, a meno che quest’ultimo non abbia un’idea da diffondere. E quando mancano le idee, tutto il resto – i francobolli, i timbri, le cartoline – rimangono semplici feticci da Artista, feticci di un mondo autoreferenziale che non stimola in nessun modo la sensibilità contemporanea – esattamente come l’Arte da museo.

La maggioranza degli artisti postali ha vissuto il passaggio dallo scambio fisico a quello digitale. Noi net.futuristi e mavvisti della terza avanguardia abbiamo vissuto il processo inverso, spinti fondamentalmente da due esigenze:
-      comunicare tra di noi, perché nonostante ciò avvenga quotidianamente, gli oggetti materiali permettono di sentirci più legati
-      comunicare a tutti il nostro pensiero, come facciamo in qualsiasi altro canale.

Il resto ci appare superfluo. Va bene giocare con l’immaginario burocratico, va bene dinamizzare anche esteticamente il proprio messaggio, ma non abbiamo motivo di seguire un cliché estetico. Va bene la documentazione, finché non diventa fanatismo da collezionista – e che la si piantasse una volta per tutte di ambire ad essere riscoperti tra cent’anni come Grandi Artisti, non succederà mai, ed è giusto così.

Le dispute riguardo a cosa sia meglio usare, se un francobollo un pennello o un’email, sono semplicemente ridicole: senza contenuti, rimangono tutti strumenti sterili.
Non ci interessa fare Arte, né postale né di altro tipo.
La vaporizzazione dell’Arte è l’espressione totale che attraversa ogni rete.

Stefano Balice e Antonio Saccoccio
MAV - Movimento Arte Vaporizzata

2 commenti:

  1. Ebbene, trovo assolutamente scandaloso che tale post non sia stato ancora commentato. Sono perfettamente d'accordo sulla tua annotazione, riguardo chiunque oggi possa "sentirsi artista". Chi non si sente artista, oggi? Un illustratore tecnicalmente competente con una buona strumentazione potrebbe ricevere più click di un autore blasonato e strapagato. È giusto? Non lo so. Forse l'illustratore di cui sopra è l'unico che riesce a leggere meglio il tessuto storico in cui vive. Non ho mai creduto alla favoletta dell'artista sfigato ed incompreso. Quanti ne conta la storia dell'arte? Se un autore, dal suo buco da cui scrive, crea consenso attorno a sé, vaporizzando la propria essenza in quanto di più effimero esiste (una nuvola di bit), ebbene, posso serenamente affermare che forse ad egli spetta il titolo di mavvista...

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  2. di sicuro la cosiddetta arte applicata sta dando molto di più dell'Arte. in fondo, è giusto così. il museo è l'unica assenza di contesto in cui l'Arte può sfoggiare la sua assenza di contenuti. un mercato del niente. per questo ho scritto questo post: per esortare gli artisti postali a smetterla di portare il museo nella mia buca delle lettere!

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